Troisi, il “Massimo” genio della comicità napoletana

Massimo Troisi nasce il 19 febbraio 1953, a San Giorgio a Cremano, una ridente cittadina a pochi chilometri dal centro di Napoli. Il suo successo e la sua grandezza sono dovuti alla genuinità e alla spontaneità che lo caratterizzavano e che, di conseguenza, traspaiono chiaramente nei film in cui recita. La sua originalità sta proprio nel fatto di essere un napoletano sui generis, in grado di sovvertire i classici stereotipi sulla napoletanità. È stato un uomo timido, posato, abituato a parlare sottovoce, ma questi suoi tratti caratteriali non limitavano assolutamente la sua vena comica e la sua ironia pungente, posta sempre in modo estremamente fine senza scadere mai nella volgarità. Un altro tratto distintivo è il costante utilizzo del dialetto napoletano, seppur rivisto per facilitarne la comprensione, anche in interviste e contesti più seriosi.

Troisi inizia la sua carriera come comico, tenendo piccoli spettacoli nel teatro parrocchiale e in un garage affittato con alcuni amici. Piano piano, insieme a Lello Arena e ad Enzo Decaro, formò un trio comico, “La smorfia”, che iniziò ad inscenare i propri spettacoli nei vari teatri partenopei. I testi erano scritti dallo stesso Troisi. Il progetto riscosse un enorme successo, tanto da portarli in tournée per tutta la penisola. Gli spettacoli più noti del trio sono: “La Natività”, “San Gennaro”, “La guerra”, “La fine del mondo”, “Napoli”, “Angelo e diavolo”.

L’esordio al cinema di Troisi fu un successone clamoroso. Il suo film, che lo vede impegnato sia come regista che come protagonista, “Ricomincio da tre” ottenne il favore del pubblico e della critica, nonché due David di Donatello (miglior film e miglior attore) e due Nastri d’argento (miglior soggetto e miglior regista esordiente). Nel film Troisi tratta argomenti molto vari. Nel delineare il carattere e le situazioni che vive il protagonista (emigrante napoletano che vive a Firenze) ricorre ad alcune situazioni stereotipate, ma sono talmente poco marcate e inserite nel contesto giusto che non rovinano minimamente l’atmosfera che Troisi riesce a creare facilmente.

Il film successivo, “Scusate il ritardo” (1983) lo vede nei panni di un trentenne che vive in famiglia, disoccupato e riservato, pressoché incapace di esprimere le proprie emozioni; questa parte del suo carattere lo porterà, purtroppo, a non poche difficoltà relazionali. Nonostante sia un film comico nella forma, un sentimento di tristezza è sempre presente nell’atmosfera. Un po’ come aveva fatto Eduardo De Filippo, Troisi riesce a provocare il riso portando in scena storie molto serie. Nei suoi personaggi si rispecchia un’intera generazione che si ritrova incapace di prendere decisioni importanti sull’amore, sul lavoro e sullo stile di vita. Un altro tratto importante di questo capolavoro è il finale aperto, che lascia così al pubblico la scelta del finale, sia che esso continui secondo l’andamento del film, sia che esso risolva le situazioni lasciate in sospeso. In modo analogo, in “Pensavo fosse amore… invece era un calesse” (1991) l’amore e il dolore sembrano andare sempre a braccetto.

Nel 1984 inizia la collaborazione con Roberto Benigni in “Non ci resta che piangere”, molto apprezzato dal pubblico ma non dalla critica. Il film è uno dei più iconici di entrambi gli attori; all’interno di esso vi sono continui riferimenti cinematografici, come ad esempio l’omaggio alla lettera di “Totò, Peppino e la malafemmina”. Un’altra scena del film che rende a pieno la comicità dei due è quella della dogana, con la famosissima battuta: “Chi siete? Cosa portate? Un fiorino!”.

Sappiamo che Troisi aveva sofferto di cuore fin dall’infanzia, nonostante avesse subito vari interventi per mitigare la sua condizione. Malgrado ciò, l’unica pellicola di Troisi dedicata alla malattia è “Le vie del Signore sono finite” (1987), un nuovo successo di critica e vincitore del Nastro d’argento per la sceneggiatura.

Il 4 giugno 1994, purtroppo, un attacco cardiaco stronca la vita del povero Massimo, all’età di soli 41 anni, privandoci di uno dei più grandi comici e attori che il nostro Paese abbia mai visto. Da poche ore aveva ultimato le registrazioni de “Il Postino”, di Michael Radford. La sua performance gli valse la candidatura post mortem a due premi Oscar: Miglior attore e Miglior sceneggiatura non originale. Radford, invece, venne nominato per la “Migliore regia” mentre la pellicola per il premio “Miglior film”.

Troisi è colui che ha portato la napoletanità in tutta Italia e nel mondo. Si tratta di una napoletanità, però, lontana dagli stereotipi di pizza, spaghetti e mandolino, dalle “sceneggiate napoletane”, seppur rivendicata con orgoglio e senza vergogna mediante l’utilizzo del proprio dialetto.

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